L’11 Settembre 2008 nel
Pando, regione della giungla boliviana, si è consumato un massacro di
contadini. A fine giornata i morti accertati erano 11, centinaia i feriti da
armi da fuoco e decine le persone scomparse (tra cui diverse donne e
bambini) alle quali nessuno finora ha restituito un nome, un volto, una
storia.
Per testimoniare quel
tragico momento della storia della Bolivia ho realizzato un documentario, la
cui lavorazione è durata un anno e mezzo, e sto preparando un libro che
ricostruisce l’accaduto.
In questo lavoro teatrale
non cerco di fare “controinformazione” ma mi occupo d’altro, di qualcosa che
forse è racchiuso nei versi di Pier Pasolini Pasolini citati in apertura.
Qui, in questa parte del
mondo, a chi importa dei contadini boliviani?
Ma questa mia “pietà che è
loro nemica”, e che ai più risulta indifferente, è il legame che mi
unisce a una terra in cui ho vissuto per vent’anni, e da cui forse mi sto
congedando.
Dietro il “pietoso rossore
in cui nemica gli si scopre l’anima” c’è l’umanità che mi obbliga sempre a
guardare le macerie delle guerre combattute altrove, che chiede conto delle
private macerie nascoste fra quattro mura, e mi accomuna ai derelitti ai
quali sento ogni giorno di più di appartenere. Mi appartiene il dolore degli
altri quanto il mio dolore non appartiene a nessuno. Da questa coscienza di
assoluta inutilità nasce Albero senza ombra, che indaga sogni,
solitudini, storie ricostruite e reinventate di esseri umani che il sonno
pesante del benessere relega in un mondo distante, e che invece sono il
rovescio della moneta che tutti consumiamo.
Cesar
Brie